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Sparta Storia e rappresentazioni di una città greca
Marcello Lupi
Città ben governata al punto da apparire un modello ideaìe di co munità politica. Città dedita esclusivamente alrese rcizio delle armi e come tale simile a un accampamento militare. Città di '" eguali'" eppure fo n data sulla selezion e euge netica dei ··migliori". Le rappresentazion i di Sparta n elle fonti antiche e n elle let tur e dei m oderni so n o innumere,·oli. ma ne hanno restituito spesso un· immagin e distorta. -L"impetuoso s,·iluppo degli studi spartani n egli ultimi decenni fornisce oggi un quadro più equilibrato - ma anche più problematico - del mo ndo di Sparta . Intrecciando il racconto degli avvenimenti sto rico- p olitici co n la descrizione della società e del le istituzio ni cittadin e. il libro offre una ricostruzion e sintetica e aggio rnata della storia di una città che ha avuto un peso notevole nelrimmagin ario occidentale. ,\ larcello Lupi inseg11a Storia greca neirUni,e rsità degli Studi della Campania .. Lu igi Vanvitell i''. A partire dalla sua prima monografia. L·ordine delle genera· .:ioni (Bari 2000). si è ampiamente occupato di storia spartana.
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Marcello Lupi
Sparta Storia e rappresentazioni di una città greca
Carocci editore
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1' edizione, marzo 1017 © copyright 1017 by Carocci editore S.p.A., Roma
Realizzazione editoriale: Progedit Sri, Bari Finito di stampare nel marzo 1017 da Digitai Team, Fano (PU) ISBN 978-88-430-8553-8
Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 2.2. aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.
Indice
I.
l.
3.
Premessa
Il
Nota introduttiva
15
Immagini di Sparta
19
Il mito di fondazione: Dori ed Eraclidi
lO
La fondazione politica della città: le leggi di Licurgo
l3
Sparta, Creta e la costituzione mista
l6
Gli scritti sulla Costituzione degli Spartani
l8
Una breve panoramica delle fonti
3l
Le origini e la prima espansione
39
La Laconia micenea
41
L'emergere della città dorica e i suoi culti
44
Memorie delle guerre messeniche
49
Aspetti della società spartana nel VII secolo
54
Il Mediterraneo spartano
57
Lo sviluppo delle istituzioni politiche
61
Un documento problematico: la Grande rhetra
61
4.
5.
6.
Suddivisioni civiche e villaggi
65
La diarchia: Agiadi ed Euripontidi
69
Il consiglio degli anziani
73
La magistratura degli efori
76
Gli altri Lacedemoni: le comunità perieciche
79
La costruzione dell'egemonia:
VI
e v secolo
85
Una rivoluzione di VI secolo?
86
Le guerre contro Arcadi e Argivi
89
Chilone, Cleomene e la lega dei Peloponnesiaci
92
L'egemonia riconosciuta: Sparta e le guerre persiane
97
Eroicizzare Leonida: gli usi della vittoria
l02
Una prospettiva spartana sulla Pentecontetia
106
Tradizione e innovazione nella guerra del Peloponneso
IIO
La struttura economica
II7
Proprietà fondiaria ed eredità
II8
La servitù ilotica
122
L'economia spartana tra ideologia e realtà
127
Gli usi privati della ricchezza
130
L'ordine della vita collettiva
133
Sistema delle età ed educazione collettiva
134
La "costruzione" delle madri e dei figli
138
I pasti in comune
143
Gli Spartani in festa
147
7.
Gli Spartani in guerra
149
Cerimonie funebri e memoria dei caduti
152.
Dalla crisi di IV secolo alla città romana
157
L'età di Agesilao
158
Il collasso del dominio spartano
162.
Verso l'Ellenismo: isolamento e irrilevanza
166
Gli ultimi re: Agide IV, Cleomene III e Nabide
169
Dall'adesione alla lega achea alla pax romana
173
La città musealizzata
176
Epilogo
Liste dei re e cronologia essenziale
Bibliografia
193
Indice dei nomi e dei luoghi
2.15
Premessa
Una frase abusata di Geoffrey de Ste. Croix, risalente al 1972, vuole che di libri su Sparta ve ne siano «molti e per lo più scadenti». Per quanto ingenerosa, questa critica fotografava lo stato della ricerca quando ancora non aveva avuto inizio l'impetuosa rinascita degli studi spartani che, a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, ha profondamente trasformato - e problematizzato - il quadro delle nostre conoscenze. Al di fuori di un limitato numero di addetti ai lavori, tuttavia, di questa trasformazione c'è scarsa consapevolezza e scopo di questo volume è di offrire un'introduzione sintetica, e per quanto possibile agile, alla storia e alla società di Sparta che tenga conto dei nuovi approcci di ricerca emersi negli ultimi decenni. Sarà poi il lettore a giudicare se esso, oltre a essere uno dei "molti" - ma in realtà un unicum nel panorama editoriale italiano, dove ogni volta che si è voluto fornire una sintesi di questa materia si è sempre ricorso all'esercizio della traduzione - sia anche da annoverare fra i libri "scadenti". Un'osservazione preliminare sul titolo è necessaria. Si è qui fatta una scelta diversa da quella riscontrabile nelle varie sintesi monografiche, più o meno ampie, apparse su questo terna negli ultimi vent'anni nelle principali lingue occidentali. Nei loro titoli, anzi nei sottotitoli, il riferimento al mito di Sparta è frequente, la città è qualificata come una "superpotenza", la sua storia è definita "epicà' e i suoi guerrieri "eroici". In un caso, l'autore aspira a presentare il suo lavoro come "una nuova storia" di Sparta. Da parte mia, sebbene in queste pagine si dovrà necessariamente parlare del mito di Sparta e dell'eroicizzazione dei suoi guerrieri, ho preferito evitare quei termini che rischiano involontariamente di riproporre gli stereotipi che gli studi più recenti hanno permesso di superare, così come, sul versante opposto, tendo a guardare con sospetto troppo esplicite dichiarazioni di nuovisrno. La scelta del sottotitolo - Storia e rappresentazioni di una citta greca - intende rimarcare come la storia di Sparta, nonostante
12.
SPARTA
gli effetti distorcenti delle molte rappresentazioni offerte dalle fonti antiche, debba anzitutto essere lecca per ciò che è, vale a dire la scoria di una città greca. Perché se è vero che Sparta fu per un paio di secoli, incorno alla metà del primo millennio a.C., una superpotenza del mondo antico, è altrettanto vero che essa, pur con alcune significative peculiarità, ebbe in comune con le altre città greche, o comunque con molte di esse, i tratti di fondo dell'organizzazione sociale e istituzionale, oltre ad averne condiviso la parabola storica. Quanto alla struttura del volume, si è inevitabilmente operato un compromesso nel costruire un intreccio era racconto policico-evenemenziale e descrizione della società e delle istituzioni di Sparta. Entrambe queste tematiche, peraltro, presentano una difficoltà. Da un lato, nello scrivere una scoria degli avvenimenti di una città che ebbe a lungo - insieme ad Atene, la sua storica rivale - un ruolo di primissimo piano nella più ampia scoria del mondo ellenico, si corre il rischio di scrivere involontariamente una piccola scoria greca. Ho cercato di sottrarmi a questo rischio attenendomi al principio in virtù del quale, nell'offrire un quadro sintetico degli avvenimenti, fosse importante soffermarsi maggiormente su quelli che hanno determinato dei cambiamenti nella società spartana o che hanno pesato sul modo in cui Sparta è stata percepita nel mondo antico. Ad esempio, non interessa in questa sede la vicenda delle guerre persiane in quanto tali, ma certamente è utile sottolineare il modo in cui esse furono utilizzate per elaborare la leggenda di Sparta, così come della guerra del Peloponneso è utile valorizzare le fratture che produsse nel!'ordine sociale spartano e nel sistema di valori dei suoi cittadini. Dal!' altro lato, la descrizione del sistema istituzionale ed economico spartano e dello stile di vita dei suoi cittadini - lo Spartan way of!ife - deve fare i conti con la consapevolezza, sempre più chiara nella storiografia recente, dei continui cambiamenti a cui essi furono soggetti nel corso del tempo, sebbene le fonti tendano a sottacere queste trasformazioni. Non è semplice, pertanto, individuare il momento giusto in cui parlarne: farlo troppo presto potrebbe ingenerare l'idea, che è proprio ciò che la tradizione antica vuole avvalorare, che il modello sociale e istituzionale spartano sia stato elaborato in un'età molto antica e sia stato esso a determinare la prosperità della città. La realtà, come sempre, è più complessa. Adeguandomi a un uso diffuso negli scudi spartani, ho scelto di partire, nel CAP. 1, dal ben noto tema dell'idealizzazione e delle rappresentazioni di Sparta nelle fonti antiche, nella convinzione che non sia possibile accostarsi a una narrazione della scoria spartana senza che pre-
PREMESSA
13
liminarmente siano stati illustrati, quantomeno a grandi linee, i modi e i tempi della costruzione del mito di Sparta. Con questo ben chiaro in mente, i CAPP. 2 e 3 sono dedicati l'uno alle "memorie" della storia più antica della città tra età micenea e alto arcaismo, l'altro ali' istituzionalizzazione delle sue strutture politiche durante l'età arcaica. Il periodo della massima potenza di Sparta tra la metà del VI secolo a.C. e l'esito vittorioso della guerra del Peloponneso, che la nascita di una riflessione storiografica in Grecia consente di ricostruire in maniera meno nebulosa, è considerato nel CAP. 4, mentre i CAPP. s e 6 si soffermano, rispettivamente, sulle strutture economiche e sulle forme di socialità dei suoi cittadini, vale a dire sui due temi che da sempre hanno suscitato l'interesse degli osservatori di Sparta e che in anni recenti sono stati maggiormente toccati dalla nuova ondata revisionista di studi spartani. Il CAP. 7, infine, descrive la parabola discendente della vicenda storica di Sparta, dal precario imperialismo di inizio IV secolo alla "musealizzazione" della città in epoca romana. Per inciso, questa organizzazione della materia separa la trattazione dei due gruppi subalterni dei "perieci" e degli "iloti", che nei lavori di sintesi di storia spartana sono generalmente considerati in immediata successione: d'altra parte, il rapporto fra gli Spartani e coloro che abitavano ai margini del loro territorio - i perieci, appunto peniene soprattutto alla sfera delle relazioni politiche, mentre la servitù iloti ca è il fondamento dell'economia agraria spartana. Il tema della fortuna di Sparta nella cultura occidentale, segnato anch'esso da una moltiplicazione di ricerche negli ultimi anni, meriterebbe un altro volume. La mia narrazione si ferma all'evo antico, salvo accennare nell'Epilogo, in una veloce scorribanda, alcune linee lungo le quali è avvenuta, a partire dalla cultura umanistica, la riscoperta di Sparta in età moderna. Il lettore specialista avvertirà certamente che l'esposizione della materia risente, forse più del necessario, degli interessi che hanno guidato l'autore nei suoi studi spartani, e di questo chiedo scusa. La scrittura di questo volume, peraltro, si è intrecciata con la fase finale della stesura di un'altra monografia di materia spartana che mi tiene impegnato da molti anni. La conclusione di entrambi i volumi intende essere, quantomeno nei miei auspici, il termine di una lunga fase della vita in cui la presenza di Sparta è stata alquanto ingombrante. Ad alleggerire questa presenza hanno contribuito diverse persone, che vorrei qui tacitamente ringraziare. Quanto alla dedica, essa spetta a mio padre, in memoria.
Nota introduttiva
Questo volume presuppone la familiarità con le scansioni canoniche della storia greca. È perciò opportuno richiamarle alla memoria, pur nella consapevolezza del loro carattere convenzionale: 3100-1100 a.e. uoo-800 a.e. 800-479 a.C. 479-32.3 a.C. 323-31 a.C.
Età del bronzo DarkAge Età arcaica Età classica Età ellenistica
La rilevanza dell'età arcaica nella storia spartana rende utile distinguere fra prima età arcaica (o alto arcaismo) e, a partire ali' incirca dal 600 a.C., tarda età arcaica. La dizione "età storica" si riferisce invece, alquanto vagamente, al periodo che inizia con l'età arcaica e per il quale disponiamo di una più o meno ampia documentazione scritta ( in opposizione al precedente periodo "preistorico", noto in prevalenza attraverso la documentazione archeologica). Nelle pagine finali del volume si avrà occasione di passare brevemente in rassegna le vicende di Sparta sotto il dominio romano e persino oltre l'evo antico, ma la grande maggioranza delle date presenti nel testo è, ovviamente, avanti Cristo. In ogni caso, quando non è indicato se una specifica data è a.C. o d.C., è perché il contesto lo rende superfluo. Una cronologia essenziale degli avvenimenti è inserita in fondo al volume. Allo stesso modo, si suppongono conosciuti i principali autori antichi citati e di volta in volta chiamati a supporto dell'argomentazione, ma si provvederà a fornire nei due paragrafi conclusivi del CAP. 1 alcune informazioni di base sugli autori e sui testi più rilevanti per la ricostruzione della storia spartana. I nomi degli autori antichi e le loro opere sono citati per esteso. L'abbreviazione FGrHist rimanda alla raccolta dei
SPARTA
frammenti di storici greci di F. Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin 1923-1958 (dopo la sigla è indicato il numero dell'autore nella raccolta e il numero del frammento preceduto da F; un numero preceduto da T si riferisce invece alle testimonianze su quell'autore). La numerazione dei frammenti poetici segue le edizioni di: D. L. Page (ed.), Poetae melici Graeci, Oxford 1962; M. L. West (ed.), !ambi etelegi Graeci ante Alexandrum cantati. I-II, Oxford 1989-92, 2• ed. La numerazione dei frammenti dei Presocratici e di Aristotele si attiene rispettivamente a: H. Diels, W. Kranz (Hrsg.), Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlin 1952, 6• ed.; O. Gigon (ed.),Aristotelis opera. III. Librorum deperditorum Jragmenta, Berlin 1987. Le uniche altre sigle si riferiscono al materiale epigrafico. Le tavolette micenee sono citate secondo le convenzioni correnti, in cui HV e TH indicano il luogo di provenienza, e cioè rispettivamente Agios Vasileios in Laconia e la città di Tebe. Le iscrizioni spartane sono citate in base alla numerazione delle lnscriptiones Graecae: pertanto, la sigla IG V.I rimanda a G. Kolbe (ed.), lnscriptiones Laconiae et Messeniae, Berlin 1913. Le abbreviazioni MEIGGS-LEWIS e RHODES-OSBORNE si riferiscono, nell'ordine, alle seguenti raccolte di epigrafi di interesse storico: R. Meiggs, D. Lewis (eds.),A Selection oJGreek Historical lnscriptions to the End ofthe Fi.fth Century B.C., Oxford 1988, 2• ed.; P.J. Rhodes, R. Osborne (eds.), Greek Historical lnscriptions 404-323 B.C., Oxford 2003. Da ultimo, nella trascrizione dei nomi geografici e di altri nomi antichi la coerenza non è sempre consigliabile: in generale è parso opportuno attenersi all'uso italiano quando consolidato, salvo ricorrere in altri casi alla semplice traslitterazione dei nomi greci (e dunque, con buona pace del theta greco, si dirà "Termopile" ma anche "Therapne", e non mancherà qualche paradosso: feste "lacinzie", ma Apollo "Hyakinthios").
17
NOTA INTRODUTTIVA
FIGURA I
Grecia centrale e meridionale -·
j - , Larissa
TESSAGLIA
MARE EGEO
~ Capo Tenaro
.
~
C11p0Malea
C?Cit,ra
Fonte: P. A. Rahe, The Grand Strategy of Classica/ Sparta. Tht Persian Challenge, New HavenLondon :z.015, p. XVI (modificata).
I
Immagini di Sparta
Incorno al 525 a.C. alcuni esuli provenienti dall'isola egea di Samo navigarono alla volta della Laconia, la regione sudorientale del Peloponneso in cui è situata Sparta. Presentatisi dinanzi ai magistrati spartani, essi ne invocarono l'aiuto, militare ed economico, contro il tiranno Policrace che alcuni anni prima si era impadronito del potere sull'isola. Stando al racconto di Erodoto (m,46), gli Spartani, dopo che gli esuli ebbero perorato a lungo - troppo a lungo - le proprie ragioni, risposero di aver dimenticato la prima parte del loro discorso e di non averne compresa la fine. Presentatisi una seconda volta davanti ai magistrati, i Sami si limitarono a porcare un sacco e a dire che il sacco aveva bisogno di farina. L'aiuto richiesto venne concesso, ma gli Spartani fecero osservare ai Sami che quel loro insistere sul sacco era stato superfluo. L'aneddoto è indicativo di una diffusa immagine degli Spartani improntata alla sobrietà in molti aspetti del vivere quotidiano - anche, dunque, nel parlare - e cale da giustificare il persistere nel nostro lessico di aggettivi quali "spartano" o "laconico". Il medesimo aneddoto, peraltro, è riportato secoli più cardi in un'opera di Plutarco sui Detti degli 5'partani, che raccoglieva il materiale di una tradizione secolare di" detti" (apophthegmata) per i quali essi andavano famosi. Alcuni di essi sono celeberrimi e hanno veicolato un'immagine di Sparta destinata a durare nel tempo: l'immagine di una città austera e dedita pressoché esclusivamente all'esercizio delle armi - Isocrate ebbe a definirla «simile a un accampamento militare» (Archidamo 81) - e, parallelamente, l'immagine di una società in cui l'individuo è sottomesso dalla nascita alla morte al controllo pervasivo dello Stato. Ma è proprio in questa e altre analoghe immagini, nel loro aspetto idealizzante e spesso stereotipato, che si cela uno degli ostacoli maggiori alla corretta interpretazione della società di Sparta e della sua vicenda storica. Costituendo il punto di riferimento di quegli ambienti oligarchici che simpatizzavano per gli Spartani e che tal-
2.0
SPARTA
volta ne imitavano il modo di vivere anche nell'apparenza esteriore - la barba e i capelli lunghi, il vestiario modesto e grezzo -, Sparta è stata oggetto di un processo di idealizzazione. Tale idealizzazione, che senz'altro gli stessi Spartani favorirono, trova però espressione nella letteratura superstite in opere di autori di origine non spartana. Fu soprattutto era i gruppi oligarchici ateniesi che ebbe inizio, incorno alla metà del v secolo a.C., un singolare fenomeno di mitizzazione della scoria e della società di Sparta che ha finito per condizionare una parte significativa delle fonti disponibili. È consuetudine riferirsi a questo fenomeno, richiamandosi al cicalo di un libro rinomato, con l'espressione di "miraggio spartano". Esso si manifesta in forme diverse, canto che all'interno stesso della tradizione filosparcana è possibile distinguere diversi atteggiamenti: c'è la "laconomania" estrema di coloro che consideravano gli Spartani una sorca di semidèi; c'è l'elogio ragionato, e non privo di qualche critica, del loro sistema politico; c'è la nostalgia della Sparta del bel tempo amico. E c'è anche, sul versante opposto degli ambienti democratici, una rappresentazione decisamente negativa della città, che si alimentava anch'essa di immagini stereotipare (come quella della doppiezza degli Spartani, che una cosa dicono e un'alcra pensano). In breve, incorno alle rappresentazioni di Sparta e degli Spartani si è combattuta una straordinaria baccaglia ideologica. E poiché da cali rappresentazioni non si può prescindere, è opportuno iniziare da esse, volgendo lo sguardo, anzitutto, ai miei che sono alla base dell'idealizzazione di Sparta e alle forme leccerarie in cui essa trova espressione.
Il mito di fondazione: Dori ed Eraclidi Nella memoria antica l'evento fondativo della città è costituito dalla discesa dei Dori nel Peloponneso e dall'insediamento di una parte di essi a Sparta. I Dori non furono, tuttavia, i primi ad abitare la città. Prima del loro arrivo Sparta aveva avuto un ruolo di primo piano in occasione della guerra che i Greci (gli Achei della tradizione epica) avevano condocco contro Troia. I poemi omerici la presentano come una delle ciccà che sorgevano nella "concava Lacedemone" - un toponimo che, come vedremo, è screccamence associato a Sparta - e ne fanno la sede del re Menelao. Fratello di Agamennone, il re di Micene che guidò la spedizione contro Troia, Menelao aveva sposato la bella Elena, il cui rapimento ad opera del troiano Paride fu all'origine, come è universal-
1MMAGINI DI SPARTA
2.1
mente noto, della guerra. È proprio attraverso il suo matrimonio che Menelao era divenuto re di Sparta: il precedente sovrano, Tindareo, era il padre di Elena - patrigno, in realtà, giacché secondo il mito il vero padre era Zeus - e discendeva dai più antichi re della Laconia. Si narrava che Tindareo fosse stato detronizzato dal fratellastro lppocoonte e poi reinsediato sul trono grazie all'intervento di Eracle. In seguito, quando Elena raggiunse l'età del matrimonio e molti pretendenti ne chiesero la mano, Tindareo scelse Menelao e gli passò il regno. Nella generazione successiva Oreste - figlio di Agamennone, ma sposo di Ermione, a sua volta figlia di Menelao ed Elena - unì i domini di Agamennone e Menelao, che infine passarono a Tisameno, il figlio di Oreste sotto il cui regno ebbe luogo l'arrivo dei Dori nel Peloponneso. Sebbene gli Spartani avessero cura di sottolineare la forte discontinuità tra questa Sparta achea, rappresentata nella poesia epica, e la città dorica di cui essi si sentivano gli eredi, questo passato leggendario aveva un ruolo rilevante nella memoria cittadina. Ne sono testimonianza i culti che la città tributava a Elena e Menelao, così come ai fratelli di Elena, i due gemelli Castore e Polluce, generalmente noti come Dioscuri (ma non nella documentazione spartana, che preferisce chiamarli Tindaridi). La leggenda della discesa dei Dori si presenta in diverse varianti. I due autori che offrono maggiori dettagli, lo storico Diodoro Siculo (rv,57-88) e il mitografo conosciuto come Pseudo-Apollodoro (11,8), sono tardi e il loro racconto si richiama a versioni di questo mito elaborate nel corso del IV secolo a.C., nelle quali non si riflette necessariamente il punto di vista spartano. Nelle sue linee essenziali, a ogni modo, la storia è la seguente: dopo la morte di Eracle e la sua successiva ascesa all'Olimpo a fianco del padre Zeus, i suoi discendenti, gli Eraclidi, furono braccati e cacciati dal Peloponneso per mano di Euristeo, il re di Micene e Tirinto che aveva sottoposto Eracle alle celebri fatiche. Gli Eraclidi fecero ogni sforzo per potervi tornare al più presto, ma solo dopo un lungo peregrinare vi riuscirono grazie all'aiuto dei Dori, alla guida dei quali invasero il Peloponneso e lo conquistarono. L'esatto luogo di origine dei Dori era controverso già nell'antichità, ma la versione corrente a Sparta era quella che si riflette in alcuni versi del poeta elegiaco Tirteo, attivo nel VII secolo a.C. Da essi si ricava che gli Spartani pretendevano di essersi insediati nella propria città provenendo dalla cittadina di Erineo, ubicata nella piccola regione montuosa della Grecia centrale che in età classica era nota come Doride (fr. 2. WEST: «Zeus stesso, lo sposo di Era dalla bella corona, diede questa città agli Eraclidi,
22
SPARTA
insieme ai quali, dopo aver abbandonato Erineo ventosa, giungemmo alla vasta isola di Pelope» ). Nella costruzione della propria identità gli Spartani attribuirono grande rilevanza al loro essere, al tempo stesso, Dori ed Eraclidi. Il legame fra queste due componenti identitarie si palesa anche nella tradizione relativa al re Egimio, figlio di Doro e mitico antenato di tutti i Dori, che aveva ricevuto l'aiuto di Eracle nella lotta contro i Lapiti della Tessaglia e ne aveva poi, dopo la morte dell'eroe, adottato il figlio Ilio. Ilio, che era riuscito a vendicare il padre uccidendo Euristeo, fu il primo a tentare di guidare i Dori nel Peloponneso, ma fallì poiché aveva male interpretato l'oracolo che concedeva agli Eraclidi di tornare al tempo del "terzo" raccolto. L'oracolo intendeva dire che il ritorno sarebbe stato possibile non nel terzo anno, come aveva creduto Ilio, ma nella terza generazione successiva. E infatti la conquista del Peloponneso, che Tucidide (1,12,3) collocava ottanta anni dopo la presa di Troia, avvenne solo tre generazioni più tardi, quando i tre fratelli eraclidi Temeno, Cresfonte e Aristodemo riuscirono a penetrarvi. L'ultimo sovrano acheo, Tisameno, venne ucciso e la popolazione fu cacciata o sottomessa. Nella spartizione fra i tre fratelli del territorio conquistato, la Laconia toccò in sorte ad Aristodemo, ma era controverso se egli avesse fatto in tempo a giungervi: infatti, sebbene la tradizione spartana si sforzasse di sottolineare che Aristodemo morì quando aveva già preso possesso di Sparta (Erodoto VI,52,1-2), una più diffusa tradizione panellenica lo faceva morire prima, attribuendo ai suoi figli, i gemelli Euristene e Prode, il ruolo di fondatori della città e di capostipiti delle due famiglie che in età storica detenevano, insieme, il potere regale: gli Agiadi e gli Euripontidi. La centralità che nella narrazione spartana del proprio passato assume questo momento è confermata dalla memoria delle danze e dei sacrifici che si riteneva avessero accompagnato la fondazione della città e l'istituzione della doppia regalità da parte dei Dori (Tucidide v,16,3). La discesa dei Dori è un tipico racconto inteso a giustificare la presenza di un determinato popolo in un dato territorio. A differenza degli Ateniesi, che rivendicavano di essere sempre vissuti nella stessa terra - di essere, cioè, autoctoni - gli Spartani, in quanto Dori, sostenevano di essere venuti da un'altra terra e di aver preso possesso di quella che abitavano con la forza delle armi. Al tempo stesso, legittimavano questa conquista asserendo che essi, in quanto Eraclidi, ne avevano diritto perché a suo tempo, dopo che Tindareo era stato detronizzato da Ippocoonte, Eracle
IMMAGINI DI SPARTA
aveva conquistato Sparta e l'aveva restituita a Tindareo, che si era però impegnato a trasmetterla ai discendenti di Eracle. In questa prospettiva, la Sparta achea celebrata dalla poesia epica - quella di Tindareo, Menelao ed Elena - era un preludio che anticipava la vera fondazione della città ad opera di Dori ed Eraclidi.
La fondazione politica della città: le leggi di Licurgo C'è un secondo evento fondativo che nella memoria collettiva degli Spartani svolgeva una funzione essenziale. I primi re eraclidi si presentano come conquistatori, non come fondatori di una comunità politica dotata di una legislazione. Eppure, alla base dell'idealizzazione di Sparta c'è anzitutto l'elogio della sua organizzazione politica e sociale, cui le fonti antiche si riferiscono attraverso le nozioni di kosmos ("ordinamento politico") e di eunomia ("buon governo", "buona legislazione"). Di qui la necessità dell'intervento di un legislatore, Licurgo, cui attribuire la specificità di tale ordinamento. Nel racconto di Erodoto (1,65,2.), Licurgo si presenta come una sorta di nuovo fondatore che trasforma Sparta da città che ha le leggi peggiori fra tutti i Greci in città ben governata. Anche Tucidide (1,18,1), che pure non cita espressamente Licurgo, accenna a un lunghissimo periodo di conflitto civile successivo alla fondazione di Sparta ad opera dei Dori, che ebbe termine quando, oltre quattrocento anni prima della fine della guerra del Peloponneso, Sparta si diede una buona legislazione che le consentì di non essere mai retta da un regime tirannico. Se adeguiamo le indicazioni di Tucidide al nostro sistema cronologico, Sparta sarebbe stata fondata dai Dori grosso modo nel uoo a.C. (ottanta anni dopo la caduta di Troia), ma il suo tanto celebrato ordinamento politico sarebbe stato introdotto parecchio tempo dopo, verso la fine del IX secolo (quattrocento anni prima del 404, anno della vittoria spartana nella guerra del Peloponneso). Di fatto, nessuno nell'antichità aveva le idee chiare su Licurgo e sull'epoca in cui sarebbe vissuto, che oscillava fra l'età dei primi re eraclidi e l'istituzione, cui egli stesso avrebbe contribuito, dei giochi olimpici nel 776 a.C. In apertura della biografia che gli dedicò, Plutarco scrisse che