La somma teologica di San Tommaso d’Aquino in un soffio

Lo scopo della Somma Teologica è quello di esporre la sacra dottrina con chiarezza e brevità: rispetto a Dio, l'uomo e l'uomo-Dio, cioè Cristo salvatore del mondo. -------------- Esiste Dio perché tutto ciò che si muove è mosso da un motore che è altro da ciò che si muove: giacché nulla muove se stesso; ma ci deve essere un primo motore non mosso che muove i motori mossi, altrimenti non muoverebbero: questo primo motore è puramente atto immutabile ed è da tutti riconosciuto come Dio. Dio è semplice perché è primo: tutto ciò cbe è composto dipende dalle componenti e da chi le compone ed è perciò sempre secondo e dw1que dipendente. E perché è puro atto: ciò che è composto è sempre in potenza, cioè può ricevere qualcosa da LU1 altro o perdere qualcosa. Perciò Dio è incorporeo, perché ogni corpo è composto e muove solo se è mosso. In breve, Dio è l'Essere Assoluto o per sé sussistente, perché la sua assoluta semplicità esclude che gli si possa aggiw1gere qualcosa, o che gli si possa sottrarre qualcosa. Se. Dio è l'Essere Assoluto o per sé sussistente, allora è perfetto o buono, perché non manca di nulla; infinito e dunque wuco, perché non ha linuti nella perfezione: contiene tutto, a suo modo, ed è presente per immensità in ogni cosa; eterno, perché immutabile: la sua durata non si distende con il mutare del tempo, ma condensa tutto il tempo nel proprio presente istantaneamente intramontabile. Ed è proprio perché Dio è l'Essere Assoluto che noi non possiamo arrivare ad averne Lma conoscenza adeguata: solo l'intelletto assoluto di Dio comprende l'essenza assoluta di Dio, perché le si identifica nella medesin1a assoluta semplicità. il nostro intelletto conosce la semplicità di Dio attraverso i concetti complessi che ce ne forn1Ìamo a partire dalle cose composte che conosciamo. E lo chianuamo con nonu che rispecchiano questa nostra complessità: per dire cl1e Dio è semplice usiamo due concetti, Essere Assoluto o sussistente, e lo concepiamo come se la semplicità fosse qualcosa di diverso dall'infuutà, dalla perfezione e dall'etenutà: ma tutto ciò che è in Dio è Dio e in Dio tutto è m1o. n modo con il quale possiamo superare questo conflitto è la sgrammaticatu ra che forzatamente fa coincidere il concreto con l'astratto per oltrepassare l'impertinenza dei nostri concetti. È la via di eminenza: affermiamo qualcosa di Dio negando qualsiasi linute, compreso quello della composizione di soggetto e qualità. Dio non è un soggetto che ha la sapienza come ce l'ha Platone; Dio non è la sapienza che fa di Platone un sapiente: Dio è la Sapienza Assoluta o per sé sussistente, a sé! La Sapienza sostanziale. Solo i beati del paradiso, nella visione beatifica, possono intendere semplicemente l'essenza divina, perché il loro intelletto viene ad essa connaturalizzato dal lume della gloria per il quale diviene deiforme. Dw1que essi intendono Dio al di là del concetto, ma non pÒssono comprenderlo in un concetto.

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Giuseppe Barzaghi

LA SOMMA TEOLOGICA di san Tornmaso d'Aquino 1n un

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Giuseppe Barzaghi

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SOMMA TEOLOGICA di san Tornmaso d'Aquino

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SOMMARIO ,

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Introduzione

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La sacra dottrina

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Dio nella sua essenza

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Dio nel suo agire

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La Trinità

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La creazione

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Gli angeli

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Il mondo corporeo

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L'uomo

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Il fine ultimo e la beatitudine

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La volontarietà

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Bontà e malizia

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Le passioni

17

Le virtù

17

Vizi e peccati

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La legge

19

La grazia

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Le virtù teologali

22

Le virtù cardinali

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Vita contemplativa e vita attiva

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Stati di perfezione

25

Cristo salvatore

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I sacramenti

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Le realtà ultime

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Introduzione Lo scopo della Somma Teologica è quello di esporre la sacra dottrina con chiarezza e brevità: rispetto a Dio, l'uomo e l'uomo-Dio, cioè Cristo salvatore del mondo. La sacra dottrina La sacra dottrina è l'insegnamento rivelato. È necessaria perché l'uomo è ordinato a Dio come a un fine che supera le capacità della ragione e anche ciò che di Dio è razionaLnente conoscibile è accessibile a pochi, con fatica ed errori. È una scienza che procede da principi conosciuti alla luce di una scienza superiore, perché si fonda sulla scienza di Dio e dei beati, come la musica si fonda sulla matematica. Ed è unica, perché considera ogni cosa dal pw1to di vista della Rivelazione divina: è come un'impronta della scienza divina che, una e semplice, abbraccia tutte le cose. È sapienza perché considera la causa suprema, cioè Dio, secondo la stessa conoscenza che Dio ha di se stesso: argomenta intorno a Dio a partire da ciò che Dio dice di sé e delle cose e disputa con chi contesta. Nella Sacra Scrittura fa uso di immagi.ni perché è naturale per l'uomo conoscere lo spirituale attraverso le cose corporee: aiutano le menti semplici, stimolano lo studio e allontanano ·la derisione di chi non crede. Perciò la Sacra Scrittura ba più sensi, perché Dio può usare sia le parole che le cose per significare qualcosa. Quando le parole significano le cose, abbiamo il senso letterale o storico. Quando le cose significano altre cose, abbiamo il senso spirituale: a) allegorico: l'antico Testamento significa il nuovo; b) morale: ciò che si compie in Cristo deve essere da noi compiuto; c) anagogico: ciò che si compie in Cristo significa la gloria eterna.

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Dio nella sua essenza Esiste Dio perché tutto ciò che si muove è mosso da un motore che è altro da ciò che si muove : giacché nulla muove se stesso; ma ci deve essere un primo motore non mosso che muove i motori mossi, altrimenti non muoverebbero: questo primo motore è puramente atto immutabile ed è da tutti riconosciuto come Dio. Dio è semplice perché è primo: tutto ciò cbe è composto dipende dalle componenti e da chi le compone ed è perciò sempre secondo e dw1que dipendente. E perché è puro atto: ciò che è composto è sempre in potenza, cioè può ricevere qualcosa da LU1 altro o perdere qualcosa. Perciò Dio è incorporeo, perché ogni corpo è composto e muove solo se è mosso. In breve, Dio è l'Essere Assoluto o per sé sussistente, perché la sua assoluta semplicità esclude che gli si possa aggiw1gere qualcosa, o che gli si possa sottrarre qualcosa. Se. Dio è l'Essere Assoluto o per sé sussistente, allora è perfetto o buono, perché non manca di nulla; infinito e dunque wuco, perché non ha linuti nella perfezione: contiene tutto, a suo modo, ed è presente per immensità in ogni cosa; eterno, perché immutabile: la sua durata non si distende con il mutare del tempo, ma condensa tutto il tempo nel proprio presente istantaneamente intramon tabile. Ed è proprio perché Dio è l'Essere Assoluto che noi non possiamo arrivare ad averne Lma conoscenza adeguata: solo l'intelletto assoluto di Dio comprende l'essenza assoluta di Dio, perché le si identifica nella medesin1a assoluta semplicità. il nostro intelletto conosce la semplicità di Dio attraverso i concetti complessi che ce ne forn1Ìamo a partire dalle cose composte che conosciamo. E lo chianuamo con nonu che rispecchiano questa nostra complessità: per dire cl1e Dio è semplice usiamo due concetti, Essere Assoluto o sussistente, e lo concepiamo come se la semplicità fosse qualcosa di diverso dall'infuutà, dalla perfezione e dall'etenutà: ma tutto ciò che è in Dio è Dio e in Dio tutto è m1o.

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nmodo con il quale possiamo superare questo conflitto è la sgrammaticatu ra che forzatamente fa coincidere il concreto con l'astratto per oltrepassare l'impertinenza dei nostri concetti. È la via di eminenza: affermiamo qualcosa di Dio negando qualsiasi linute, compreso quello della composizione di soggetto e qualità. Dio non è un soggetto che ha la sapienza come ce l'ha Platone; Dio non è la sapienza che fa di Platone un sapiente: Dio è la Sapienza Assoluta o per sé sussistente, a sé! La Sapienza sostanziale. Solo i beati del paradiso, nella visione beatifica, possono intendere semplicemente l'essenza divina, perché il loro intelletto viene ad essa connaturalizzato dal lume della gloria per il quale diviene deiforme. Dw1que essi intendono Dio al di là del concetto, ma non pÒssono comprenderlo in un concetto. Dio nel suo agire Dio è intelligenza assoluta: conosce tutto conoscendo semplicemente se stesso, perché è in1materiale e l'immaterialità è la radice della conoscenza e della conoscibilità (conoscere è assinillare un'altra cosa senza mutare se stessi né mutarla; w1a cosa materiale, se diventa w1'altra, muta o muta l'altra: se mangiando assinillo la mela questa non è più mela ma mio corpo; se assinillo conosciti.vamente la mela, io resto io e la mela resta la mela). Essendo l'Essere Assoluto, Dio porta tutto in se stesso e dw1que conosce tutto in se stesso: nei minimi dettagli, giacché sono essere; e nell'assoluto presente della sua eternità: non prevede il futuro, né ricorda il passato, ma tutto è nel suo presente immutabile. Se così non fosse, quando il presente diventa passato, anche la conoscenza si muterebbe: ma Dio è immutabile. Dio è volontà assoluta: vuole, cioè apprezza, cioè ama assolutamente se stesso come bene assoluto; ma è anche libero rispetto ai be~Li relativi o finiti: se li vuole non è per arricchirsi, ma per diffondere la sua gioia, cioè la coscienza della sua 9

assoluta pienezza di bene. Dw1que Dio è onnipotente: può tutto eccetto l'impossibile o assmdo, perché l'assmdo è nulla (Lm cerchio quadrato è nulla) e potere nulla è non potere. La Trinità Dio è l'Essere Assoluto, uno, unico, e perciò immoltiplicabile e indivisibile. Se per Rivelazione si ammettono in Dio le processioni spirituali di generazione (a modo intellettivo) e di spirazione (a modo affettivo) che distinguono le Persone, non dovranno però comportare mutamento, dipendenza e diversità. Si identificano con la sostanza divina ma comportano Lma reale distinzione tra generante e generato e tra spiratore e spirato, cioè tra i termini delle due processioni. Visto che non si deve ammettere moto, dipendenza e diversità di sostanza tra generante e generato, queste saranno semplici relazioni che si distinguono reah11ente tra loro per la pura opposizione di origine: la paternità dalla parte del generante e la l:ìliazione dalla parte del generato. Allo stesso modo, lo spiratore e lo spirato si distinguono per opposizione di origine: lo spirato è la spirazione passiva; e lo spiratore? Non può essere la paternità, altrimenti il generato non sarebbe la filiazione ma la spirazione passiva; non può essere la filiazione, altrimenti la spirazione passiva sarebbe la paternità. Dw1que lo spi..ratore sono la paternità e la filiazione insieme come unico principio: sono una quarta refazione, ma non una quarta Persona. Siccome le relazioni si distinguono tra loro ma si identificano con l'unica sostanza o sussistenza divina, si diranno sussistenti e si chiameranno con i termini concreti: Padre, Figlio o Verbo e Spirito Santo. E si dirà che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio. Perciò, le Persone trinitarie non sono tre sussistenti in relazione (politeismo) , ma tre relazioni sussistenti, di un'unica sussistenza (monoteismo). E così, pur distinte per l'opposizione di origine (il Padre è principio non da principio, il Figlio è principio da principio,

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lo Spirito è non principio da principio), sono assolutamente uguali e sono l'una nell'altra inseparabi111ente. Dunque, se le missioni delle Persone inviate all'anima w11ana per santificarla riguardru1o quelle che procedono (Figlio e Spirito), il Padre si dona. La creazione Se Dio è l'Essere Assoluto o per sé sussistente, tutto ciò che è diverso da Dio è per partecipazione: e la partecipazione quanto all'essere equivale a esser nulla o non essere senza la partecipazione (come ciò che partecipa della biru1chezza per esser bianco, senza la biruKhezza, è non bianco). E se è per partecipazione quanto all'essere, esso dipende tutto e totalmente da Dio, anche dal suo libero volere, giacché Dio non ne ha bisogno. Ciò significa che è creato. L'atto creatore, identificru1dosi con Dio, è immutabile. Ma ru1che dalla parte della creatura non si può dare mutru11ento nell'esser creata, giacché non esiste prima dell'esser creata, evidentemente. DLmque l'atto creatore si risolve nella pura relazione di dipendenza tutta e totale della creatura o mondo dal Dio creatore. Se si definisce la creazione come atto con il quale Dio produce dal nulla tutte le cose, questa produzione deve escludere il movimento e dLmque è p ura relazione. Se la si vede dalla parte della creatura, essa è di reale dipendenza da Dio; se la si vede dalla parte di Dio, essa è di pura ragione, giacché non può aggiw1gersi a Dio, Essere Assoluto, come accidente o mutamento: il mondo potrebbe esser creato dall'etemità perché non possiru11o dedurre la decisione libera di Dio né riusciamo con la ragione a scorgere l'origine. La ragione coglie la pura dipendenza tutta e totale adesso. D mondo creato è uno perché dipende dall'unico Dio, ma contiene una molteplicità ordinata di differenti creature, perché non basta una creatura per esprimere la perfezione di Dio. Anche il male vi ha posto, essendo legato alla corruttibi-

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lità di ahmi enti ed è petmesso da Dio per l'equilibrio dell'universo (la generazione del fuoco consuma l'ossigeno) e per ottenere un bene migliore. Ma non può essere assoluto perché, come privazione, tocca un soggetto senza conomperlo completamente, altrimenti toglierebbe se stesso (come la cecità di lill animale). E così il tutto e ogni cosa, secondo la propria natma, soggiacciono alla provvidenza e al govemo di Dio. G li angeli Sono creature assolutamente immateriali, cioè spirituali, volute da Dio per la perfezione dell'wuverso e per il suo servizio: esprimono la somiglianza massima con Dio nell'ordine intellettuale (l'angelo più intelligente, con w1a sola idea infusagli da Dio, comprende più cose nella loro singolarità, perché non sono idee astratte) , fuori dello spazio e del tempo; ma sono presenti anche nel mondo corporeo con la loro virtù operativa esercitata sui corpi al setvizio di Dio: non sono in w1 luogo, ma è il luogo in cui è il corpo su cui operano che si trova in essi. Possono influire sull'intelligenza dell 'uomo e sulla sua volontà muovendo le immagini sensibili e i sensi che dispongono l'uomo a conoscere e a volere, ma non possono costringerlo. Poiché sono immateriali, ciascuno fa specie a sé e si distinguono per gerarchie: quella più alta è quella dei Cherubini e Serafini che assistono Dio; la più bassa è quella degli angeli Custodi, che assistono l'uomo e sono nella beatitudine eterna di Dio. Mentre vi sono angeli cattivi castigati all'inferno e tentatori i quali sono tali fin dal primo istante della creazione per libera scelta: creati in grazia, subito, all'istante, hanno scelto la contrarietà a Dio per superbia.

n mondo corporeo I sei giorni della creazione, distinzione e abbellimento corrispondono alle tre parti del mondo (cielo, acqua, terra)

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con la duplice modalità della distinzione e dell'abbellimento: il numero sei dice perfezione, in quanto risulta dalla sonm1a dei suoi divisori: uno, due e tre. Un giorno per le creature spirituali, due per quelle materiali e tre per l'abbellimento. Sono un giorno solo perché la serie dei giorni va riferita all'ordine di natura esisten te tra le opere assegnate ai vari giorni. Sono indicati dalla Scrittura in termini narrativi adeguati: ma vanno interpretati. n settimo è il riposo e il godimento divino. L'uomo L'uomo è creato a immagine di Dio, in quanto è anch'egli principio delle proprie azioni in forza del libero arbitrio e del dominio che ha su di esse. L'immagine di Dio nell'uomo è meno perfetta di quella dell'angelo, ma da w1 certo pw1to di vista la supera, perché l'anima intellettiva è tutta in tutto il corpo e tutta in ogni sua parte, come Dio è nel mondo. E quando l'anin1a, ricordando se stessa, si conosce e si ama ha in sé Lma disposizione a portarsi su Dio: e appena ha Dio per oggetto, essa esprime in sé l'immagine della Trinità. L'anima dell'uomo è una sostanza spirituale, perché, essendo capace di autorillessione, cioè autocoscienza, non dipende dal corpo e dw1que nòn è generabile, ma è creata immediatamente da Dio, e non si corrompe con la morte dell'uomo; ma essa ne è anche l'wuca forma sostanziale, perché è il principio delle attività dell'uomo: intendere, ma anche sentire e nutrirsi, il che non avviene senza il corpo. Perciò comunica alla materia del corpo lo stesso essere per cui sussiste, così che l'essere del composto wnano è quello della stessa anima spirituale. L'anima non si aggiunge al corpo, ma lo fa essere. n maggior grado di intelligenza di uno è dovuto perciò alla migliore disposizione corporea: a sensibilità alta corrisponde intelligenza acuta; chi ha immaginativa, cogitativa e memoria meglio disposte è meglio pmtato all' intellezione.

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L'anima è dw1que principio di tutte le capacità e operazioni dell'uomo: la vegetativa (nutritiva, accrescdiva, generativa), la sensitiva (sensi esterni: vista, udito, al/atto, gusto, tatto; sensi interni: senso comune o sensazione, fantasia , cogitativa o estimativa dell' utile-dannoso, memoria), l'appetitiva (la sensualità del concupiscibile e dell'irascibile; la volontà che è spirituale), la locomotoria e l'intellettiva (l'intelletto agente, che fa conoscere, e l'intelletto posszbile o ragione che conosce, secondo il modo speculativo e quello pratico) . La conoscenza intellettiva nell'uomo avviene per astrazione dalle esp erienze dei sensi, perché le immagini sensibili sono il materiale su cui agisce l'intelletto agente perché l'intelletto possibile conosca. Così, nulla è nell'intelletto che prima non sia stato nel senso. Per questo il nostro intelletto, nello stato di wuone col corpo, non può capire senza rivolgersi alla fantasia perché il suo oggetto proprio è l'essenza delle cose materiali (per capire qualcosa o spiegarla facciamo degli esempi con la fantasia). Tutto ciò che noi conosciamo i11tellettuaL11ente lo conosciamo per analogia a partire dalle realtà sensibili. Il nostro intelletto conosce prima i dati più w1iversali, prima in modo confuso e generico e poi distinto e specifico, componendo e dividendo i concetti con grad ualità: dall'essenza alle proprietà e alle relazioni, per via di giudizi affermativi e negativi; il che vuol dire ragionare. L'intelletto conosce i corpi in modo immateriale, universale e necessario; non conosce direttamente i singolari corporei, perché astrae dalla materia che è la condizione della individuazione delle realtà corporee; il singolare contingente è colto direttamente dal senso. La volontà per natura non può non volere la beatitudine o fine ultimo, così come non può non volere per necessità di fine w1 mezzo per raggiw1gerlo; ma non vuole necessariamente tutto ciò che vuole, perché ciò che non è evidentemente connesso con la beatitudine non costringe la volontà. E così essa si dice libero arbitrio perché fa sì che l'uomo agisca con un giudizio libero nelle realtà contingenti, cioè 14

aperto a soluzioni opposte: come risulta dall'uso dei consigli, delle esortazioni, dei precetti, delle proibizioni, dei premi e delle pene, come anche dai ragionamenti probabili rispetto al da farsi e alla persuasione retorica. n corpo LU11ill10 è dotato della migliore elisposizione perché la materia è per la forma e per le sue operazioni: il corpo è per l'muma intellettiva. Così l'uomo ha il tatto più perfetto che è il fondm11ento eli tutti gli altri sensi; è dotato eli mmu che sono lo strw11ento degli infuuti strw11enti escogitabili con la ragione; ha un portrunento eretto che favorisce la conoscenza, la percezione della bellezza e il parlare. n primo uomo fu creato in grazia, perché l'integrità della subordinazione del corpo all' muma e delle facoltà inferiori alla ragione non è dovuta alla semplice natura, altrimenti sarebbe rimasta ru1ehe dopo il peccato. Anche la suborelinazione a Dio non dipende dalla natura ma dalla grazia.

nfine ultimo e la beatitucU11e Le azimu wnm1e sono libere e deliberate, cioè in vista eli un fine; dw1que l'uomo agisce per Lm fine ed esiste Lm fine ultimo, perché non si può andare all'infuuto nei motivi dell'azione: il desiderio, senza w1 ultimo scopo, non nascerebbe e la deliberazione non si chiuderebbe mai nella scelta del primo mezzo per raggiungerlo. Il fine ultimo della vita wnru1a è la beatitudine, perché l'uomo desidera naturalmente essere felice e consiste nella operazione più alta rispetto all'oggetto più nobile: cioè la visione intellettiva dell'essenza eli Dio. Il che implica l'aiuto elivino della grazia, perché supera le capacità natmali, ed è conseguibile nell'alu·a vita, ma ha come corredo la gioia, il benessere del corpo e la compagnia degli mnici. La volontarietà La volontarietà perfetta si trova solo nella razionalità, perché solo il razionale conosce il fine sotto l'aspetto eli fu1e e

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dw1que anche ciò che ad esso è ordinato: conseguentemente può deliberare su tutto questo. La volontà è mossa dall'intelletto e a sua volta muove tutte le altre facoltà perché è l'intelletto che presenta l'oggetto che specifica la volontà; ma è la volontà che intende il fine per il quale ogni agente agisce: dunque muove all'esercizio se stessa, l'intelletto e le altre facoltà. Volendo il fine, muove se stessa a volere le cose ordinate al fine. La scelta della volontà segue il giudizio pratico ultin1o dell'intelletto derivante dal consiglio, ma che sia l'ultimo lo determina la scelta della volontà. Il comando esecutivo spetta all'intelletto. L'omissione è volontaria perché con il volere si p uò eliminare l'assenza del volere. La violenza non costringe la volontarietà ma solo l'atto comandato: si può impedire il camminare legando i piedi ma non il voler can1minare. ll timore non toglie aSSOlutamente la volontarietà; la concupiscenza l'alimenta; l'ignoranza invincibile invece la toglie. Le circostanze dell'agire volontario sono sue aggravanti o attenuanti: chi, che

cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando, intorno a che cosa. Bontà e malizia Si dicono buone le azioni conformi alla ragione e cattive quelle contrarie: la ragione è lo specifico dell'agire wnano. La volontà che discorda dalla ragione è sempre cattiva perché, anche se erronea, la coscien za è sempre vincolan te presentando il bene alla volontà. Se volesse w1 oggetto in sé buono, ma presentato come cattivo, sarebbe cattiva (per es. se credere in Cristo fosse presentato dalla coscienza come male, credere sarebbe peccan1inosol. La volontà che concorda con la ragione erronea però non sempre è buona, ma solo se è invincibilmente erronea. Non si può volere LU1 male a fin di bene: si deve volere il bene a motivo del bene. In base all'atto in temo della volontà si ha la specificazione formale data dal fine, in base a quello estemo si

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ha la specificazione materiale data dall'oggetto: chi mente per rubare è più ladro che mentitore. Ci sono atti specificamente indifferenti sul piano morale (es. grattarsi la barba); ma non ci sono atti individuali indifferenti moralmente perché in concreto ogni atto è deliberato rispetto all'intenzione eli Lm fine, o buono o cattivo. L'atto buono o cattivo implica le nozioni di merito o di demerito per la giusta retribuzione che esso esige; così come le nozioni di lode o biasimo in base alla volontarietà, e quelle di retto o peccaminoso in base all'ordine al fine. Ma in fondo , la bontà della volontà dipende dalla conformità con la volontà divin a, perché l'ultimo fine della volontà wm uia è il sommo bene, che è oggetto proprio della volontà divina. Le passioni Le passioni sono moti dell'appetito sensitivo e implicano Lm'alterazione fisica (es. nell'u·a ci si riscalda e si arrossisce) . Sono w1dici. Nel concupiscibile, rispetto al bene e al male come tali, si trovano amore e odio, deszderio e fuga, piacere e tristezza. Nell'u·ascibile, rispetto al bene e al male ardui, si trovano speranza e disperazione, audacia e timore, zi·a. L'amore è la prima delle passioni perché per tendere a Llll fine occorre appw1t0 wÙttitudli1e O proporzione ad esso. ll piacere O gioia è il fine. Le passioni principali sono gioia e tristezza per l'ultimo compimento; speranza e timore per l'intensità del moto. Le passioni, in quanto soggette al comando della ragione e della volontà, sono buone o cattive; ma come puri moti dell'appetito sensitivo non sono né buone né cattive. Le virtù Le virtù Lll11ane sono abiti o qualità buone della mente, con le quali si vive rettamente, e di cui nessLmo usa male. Esse fann o sì che le azioni siano compiute in modo facile, spontaneo e dilettevole, consistendo nel giusto mezzo tra

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l'eccesso e il difetto. Le virtù intellettuali danno la capacità di ben operare, quelle morali anche il buon uso di tale capacità e sono virtù i.n senso stretto, perché sono abiti elettivi, cioè fatti per fare una buona scelta. Le virtù intellettuali sono: la sapienza, la scienza, l'intelletto dei primi principi e l'arte (come saper fare). Le principali virtù morali sono dette cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Si dicono acquisite perché guadagnate con la ripetizioni di atti umani rispetto ad oggetti wmmi. Si dicono virtù teologali quelle ·che hanno Dio per oggetto e per motivo, sono infuse da Dio: non tendono al giusto mezzo ma al sommo. E sono la fede, la speranza e la carità. Per la carità anche le virtù LU11ane raggiungono il senso pieno di virtù. I doni dello Spirito Santo sono abiti che dispongono l'anima ad esser mossa dallo Spirito così che agisca per istinto divino , sen za bisogno di deliberare secondo la ragione umana. Essi sono: sapienza, scienza,

intelletto, consiglio ,fortezza, pietà, timore di Dio. Vizi e peccati

n vizio è l'abito contrario alla virtù : come tale è contro la ragione e la natura dell'uomo . n peccato è Lll1 atto umano cattivo , cioè privo del debito ordine d ella ragione nella quale si esprime la legge eterna: è una parola, un'azione o w1 desiderio contro la legge eterna, perché la materia del peccato è l'atto w11ano; la forma, cioè l'aspetto di male o disordine, è la contrarietà alla legge eterna. La caùsa del peccato è la volontà e tutto ciò che soggiace al suo comando. Non può essere Dio perché non è difettoso, e il peccato è w1 difetto. Neppme il dem onio, perché può solo tentare con suggestioni, ma non muovere la volontà. n peccato originale di Adamo si trasmette per generazione, perché tutti gli uomini discendenti da lui sono come w1 uomo solo: da lui ricevono la stessa natura per generazione. È un abito disordinato nell'anima come la malattia per-

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ché è formalmente la privazione della giustizia originale; fragilità, ignoranza, malizia e concupiscenza sono le ferite conseguenti. Anche la morte e le altre miserie corporali ne sono effetti. il peccato più grave è quello contro Dio, poi quello contro l'uomo, poi quello contro i beni esterni. ll peccato veniale implica solo W1 disordine relativo ai mezzi; il mortale, invece, è rispetto al fine ultimo, perché toglie la carità. Ma un peccato veniale può diventare mortale soggettivamente se l'uomo lo pone come fine ultimo o lo fa mezzo per w1 peccato mmtale. E w1 peccato mortale può diventare veniale soggettivamente per imperfezione dell'atto, cioè per inawertenza o mancanza di deliberazione. La legge La legge è un comando della ragione ordinato al bene comune, promulgato (deve essere conosciuta per poter obbligare) da chi è incaricato di Lma collettività. Comanda gli atti virtuosi, proibisce gli atti cattivi, permette gli atti indifferenti, punisce la disobbedienza per farsi obbedire. La legge eterna è il piano eterno con il quale Dio, principe dell'universo, governa le cose. La legge naturale è la partecipazione della legge eterna nella creatura razionale, che può provvedere a se stessa e alle ~ltre cose. n suo primo precetto è: "il bene è da farsi e il male da evitarsi"; gli altri sono formulati secondo le inclinazioni naturali verso il bene da farsi: l'autoconse1vazione, comune a tutte le sostanze; l'wuone del maschio con la femmina e la cura della prole, comw1e a tutti gli animali; la conoscenza della verità su Dio e il vivere in società, propri dell'uomo. La legge umana è il complesso delle disposizioni particolari, elaborate dalla ragione wnana per via di argomentazimu a partire dai precetti universali della legge naturale. Obbliga in coscienza se giusta, cioè finalizzata al bene comw1e, dall'autorità competente e proporzionata per uguaglianza alle capacità dei sudditi. Ma non se ingiusta, a meno che

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non si tratti di evitare scandali o turbrunenti. Va assolutamente trasgredita se contraria al bene divino. La legge divina [positiva] è necessaria perché l'uomo è chiru11ato a w1 fine ultimo che supera le sue capacità naturali; l'uomo eviti l'errore e sia certo nelle azioni che deve compiere; la legge W11ill1a non può comru1dare efficacemente gli atti interni; la legge LU11ana non può proibire tutte le azioni cattive, perché ne verrebbe compromesso il bene comune. La legge divin a si distingue in ru1tica e nuova, come imperfetta e perfetta, come il bambino e l' ad ulto: l'antica riguardava i beni sensibili e terreni, regolava gli atti esterni e traeva forza dal timore della pena (precetti morali, cioè decalogo, e cerimoniali rispetto a Dio, giudiziali rispetto al prossimo); la legge nuova o evangelica riguarda i beni spirituali e celesti, regola gli atti interni e trae forza dall'amore infuso nel cuore dalla grazia di Cristo. La legge evangelica è principali11ente LU1a legge infusa e, secondariru11ente, scritta perché è principaL11ente la stessa grazia dello Spirito Santo; ma contiene anche degli aspetti, relativi alla fede e ai costLmu, che vruu1o appresi con la parola viva o scritta. Conferisce la giustificazione rispetto all'infusione della grazia dello Spirito Sru1to; ma non rispetto agli insegnru11enti della fede e dei precetti per l'azione wnana, perché "la lettera uccide, lo Spirito dà vita " (2 Cor 3,6): anche la lettura del Vangelo potrebbe uccidere, se non ci fosse la grazia interiore della fede che salva. La grazia L'uomo ha bisogno della grazia elevante per conoscere il vero soprannaturale e compiere il bene soprannaturale. Ma anche per il bene naturale, perché dopo il peccato originale la natura w11ana ferita ha bisogno della grazia sanante. E senza la grazia l'uomo non può non peccare, proprio perché occorre Lll1 risru1ru11ento della natura: è impossibile che resti a lw1go senza peccato mortale, perché la ragione

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non è del tutto sottoposta a Dio. Anche in grazia l'uomo non può fare il bene ed evitare il male senza l'aiuto della grazia perché la grazia abituale, sanante ed elevante, implica ancora una mozione attuale ad agire da parte di Dio; e poi non risana l'uomo totalmente. La grazia santificante è quella che congiw1ge l'uomo direttamente a Dio e lo rende fmmalmente santo. Per essa l'uomo partecipa della natura divina mediante la natura dell'anima, secondo w1a certa somiglianza e generazione, o ricreazione. Solo Dio causa la grazia perché solo Dio deifica, come solo il fuoco infuoca: la grazia è w1a partecipazione assimilativa della natura divina. Ogni preparazione dell'uomo alla grazia è opera della grazia, anche l'atto di libero arbitrio di preparazione all'azione della grazia è mosso da Dio. L'uomo può avere conoscenza del proprio stato di grazia per rivelazione privata o per congettura, attraverso dei segni: trovare in Dio la propria gioia, giacché c'è un'esperienza di dolcezza; disprezzare le cose del mondo; non avere coscienza di alCLm peccato mortale. E l'azione con CLÙ Dio predispone il libero arbitrio e infonde la grazia è istantanea, giacché la sua capacità operativa è infinita ed eterna, gli atti del libero arbitrio sono istantanei per natura, giacché l'anima w11ana è essenzialmente sopra il tempo e indirettamente è nel tempo, a motivo della sensibilità. La santificazione o deificazione non è un'opera miracolosa, perché l'anima è per natura capace di ricevere la grazia, essendo creata ad immagine di Dio. Con la grazia si può meritare il suo aumento e la vita eterna, ma non si può meritare la prin1a grazia: il principio del merito non può essere meritato. Non si p uò meritare la perseveranza sino alla fine, perché dipende unicamente dalla mozione divina, che è il principio di qualsiasi merito e dunque non può essere meritata. Si chiama grazia carismatica quella che non santifica chi la possiede, ma rende cooperatori alla santificazione altrui: la profezia, i carismi in specie e i miracoli. 21

Le virtù teologali La fede è w1 abito intellettivo con cui inizia in noi la vita etema e che fa aderire l'intelletto a realtà che non si vedono. Si conosce Dio a motivo di Dio, credendo Dio rivelato e concredendo l'autorità di Dio rivelante per la quale lo si crede: la fede è perciò assolutamente divina. Se viene espressa i11 proposizioni articolate (il Credo), essa tuttavia va direttamente a Dio in se stesso. Ad essa si legano il dono dell'intelletto (che ne dà l'intimità con tro qualsiasi obiezione) con la beatitudine dei pUl'i di cuore, e il dono della scienza (che fa giudicare rettamente delle creature che possono allontanare da Dio), con la beatitudine degli afflitti consolati. La speranza è Lm abito che fa aderire a Dio per raggiungere la beatitudine eterna adeguando alla misura divina: cioè la confidenza in Dio. E da Dio non si può sperare qualcosa che sia meno di Dio, cioè la sua beatitudine. Ad essa si lega il dono del timore filiale (della colpa) e setvile (della pena), al quale corrisponde la beatitudine della povertà di spirito: perché il rispetto filiale e la soggezione a D io implicano il non cercare in se stessi la grandezza. La carità è 'l'amore di benevolenza reciproca tra Dio e uomo fondato sul dono della comw1m1za di partecipazione della beatitudine divina. È la più nobile delle virtù perché raggiw1ge direttamente Dio in se stesso. Perciò, senza carità non si può dare in senso assoluto una vera virtù, perché essa è la virtù in senso vero e assoluto in quanto unisce al fine ultimo: le virtù legate a fini patti colari sono virtù in modo impe1/etto, se non vengono ulteriormente ordinate al fine ultimo (come non può essere vera la scienza se mm1Ca la giusta nozione del prin1o principio indimostrabile, così non è vera la giustizia o la castità senza l'ordine al fine ultimo). Con essa si mna sia Dio che il prossimo e anche la carità stessa: per il fatto che w1o mna, ama di m11are. Dio deve essere m11ato totalmente perché non può non essere preso che nella sua totalità; il prossin1o come se stessi, cioè:

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per Dio, così che l'amore sia santo; nel bene, così che l'amore sia giusto; non per proprio vantaggio, così che l'amore sia vero. Ad essa si lega il dono della sapienza che è intellettivo, ma la perfezione nelle cose di Dio si ha per esperienza di w1 certo sapore per connaturalità affettiva, al quale corrisponde la beatitudine degli operatori di pace, cioè figli nella Sapienza che è il Figlio. E da ciò derivano gioia, pace interiore, misericordia, beneficenza, elemosina, correzione fraterna secondo buon senso. Le virtù cardinali La prudenza è la retta ragione delle azioni da compiersi, cioè determina i modi e le vie per raggiungere il giusto mezzo, tra eccesso e difetto, in ordine al fine: che dw1que è presupposto, come i principi alle conclusioni. Il suo atto principale è il comando, che è applicare all'atto ciò che si è deliberato e giudicato giusto. A tale scopo sono indispensabili al suo atto la memoria, l'intelligenza, la docilità, la sagacia o solerzia di congettura, la ragione, la previdenza, la circospezione, la cautela. Yi sono anche diverse specie di prudenza: personale, economica, governativa, politica (in chi è governato), militàre. Si dicono prudenza anche alcune virtù annesse rispetto ad atti secondari: la buona deliberazione, il buon giudizio nell'ordinario e nello straordinario. Ad essa si lega il dono del consiglio che corona la ricerca razionale e al quale corrisponde la beatitudine dei misericordiosi, perché "la pietà è utile a tutto" (1 Tm 4,8). La giustizia è l'abito mediante il quale si dà a ciascuno il suo, cioè il giusto, con tm volere costante e perem1e. Il giusto è il dovuto ad altri secondo una certa uguaglianza, e questo è il diritto (che p uò essere naturale, delle genti, cioè legato a conclusioni argomentative da principi naturali, o positivo, cioè convenzionale). Perciò le parti costitutive della giustizia sono fare il bene dovuto per costituire l'uguaglianza e evitare il male nocivo per conservare l' uguaglianza.

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Ci sono due specie di giustizia: la commutativa, cioè la giustizia che regola i rapporti tra le parti, cioè tra due persone (come avviene negli scambi possibili tra individui: es. compravendita); la distributiva, cioè la giustizia che regola i rapporti del tutto con le parti, cioè la distribuzione delle cose comuni in maniera proporzionale: adeguando la cosa all'in1portanza e alla indigenza di w1a persona rispetto al bene comune. Non si dà a tutti la stessa cosa, ma a ciascuno il suo. Le virtù annesse sono la religione, la pietà, l'osservanza, la veracità, la gratitudine, la vendetta, la liberalità, l'affabilità: perché convengono con la giustizia nel riferin1ento agli altri, ma se ne discostano perché non hanno la perfezione nel raggiLmgere l'uguaglianza o nella ragione di dovuto. Alla giustizia si lega il dono della pietà che ci spinge a prestare un culto a Dio in quanto Padre e non in quanto Creatore. Ad esso corrisponde la beatitudine dei miti , perché la mansuetudine serve a togliere gli ostacoli alla pietà. · La fortezza è l'abito ch e reprime il timore e modera l'audacia, così che la volontà non si ritragga dal bene. Riguarda il pericolo di morte e ha come gesto principale il martirio . Le virtù legate alla fortezza ma rispetto ai pericoli secondari corrispondono alle sue due parti: rispetto all'aggredire abbiamo la fiducia o magnanimità (nell'animo) e la magnificenza (nell'opera) ; rispetto al sostenere abbiamo la pazienza (nell'animo) e la perseveranza (nell'opera). n dono della fortezza le dà la sicurezza di superare i pericoli e ad esso corrisponde la beatitudine degli affamati di giustizia, perché è un'opera ardua. La temperanza è l'abito che modera secondo ragione i piaceri del tatto più intensi, cioè relativi al cibo, alla bevanda e alla sessualità, ma anche le tristezze. Per questo ha bisogno della vergogna che fugge il turpe e dell'onestà che ama la bellezza del decoro. Ma ha diverse specie: l'astinenza per i piaceri del cibo, la sobrietà per i piaceri della bevanda, la castità per i piaceri legati all'atto sessuale e la pudicizia per

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quelli secondariamente connessi ad esso. Nei piaceri meno intensi essa ha come virtù annesse: la continenza per trattenere il moto della volontà agitata dalla passione; l'umiltà per moderare l'impeto verso l'eccellenza; la mansuetudine o demenza per moderare l'ira vendicativa; il buon ordine nei movimenti; il decoro per agire convenientemente; l'austerità per il parlare; la parsimonia o economia per non cercare il superfluo; la moderazione o semplicità per non cercare le cose troppo raffinate anche nell'abbigliamento; la studiosità che modera la curiosità; l'eutrapelzà che modera i piaceri del gioco. Ad essa è legato il dono del timore che allontana da ciò che può offendere Dio e al quale si collega la beatitudine dei poveri in spirito. Vita contemplativa e vita attiva La vita contemplativa è assolutamente superiore alla vita attiva, perché l ) si addice all'uomo rispetto all'eccellenza del suo intelletto (che ricerca, medita o conszdera o specula e contempla); 2) può essere più continua; 3) il suo godimento è superiore; 4) è più autonoma, avendo bisogno di poco; 5) è amata per se stessa; 6) consiste in una certa quiete; 7) si svolge nella sfera del divino; 8) impegna ciò che di più eccellente c'è nell'uomo, cioè l'intelletto. Ma, nel caso di necessità, è più importante la vita attiva. Stati di perfezione I vescovi e i religiosi appa1tengono allo stato di perfezione perché questo implica una obbligazione perpetua e solenne alle pratiche di perfezione, con l'ufficio pastorale e la consacrazione, e con i voti (povertà, castità, obbedienza). Ma siccome lo stato di perfezione indica solo l'atto con il quale ci si obbliga solennemente a ciò che appartiene alla perfezione, ma non è detto che la si possegga di fatto con la carità, ci possono essere degli in1perfetti nello stato di

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perfezione e dei perfetti al di fuori: perché la carità può essere posseduta anche fuori da quello stato, dato che non ne è l'effetto. Il primo posto fra gli ordini reLgiosi spetta a quelli ordinati all'insegnamento e alla predicazione, perché comunicare agli altri le verità contemplate è superiore al contemplarle semplicemente: così come l'illuminare è superiore al semplice risplendere. Cristo Salvatore

L'incarnazione di Dio era conveniente perché è conveniente alla sonm1a bontà comwucarsi in modo sonm1o. Senza mutamento nell'etenutà di Dio: giacché è la creatura che si è muta in modo nuovo a Dio e non viceversa. E la convenienza sta in questo: Dio diventa uomo perché l'uomo diventi Dio. L'incarnazione è disposta da Dio a rimedio del peccato e la nat:w·a Lm1ana, dopo il peccato (''feLce colpa"), è stata così elevata a Lm livello superiore: Dio permette w1 male per trame un bene maggiore. 11 Cristo la natma LU11ana è muta al Figlio o Verbo ipostaticamente, cioè nella persona, perché l'muone accidentale conduce all'eresia di Nestorio: w1a semplice w1ione operativa morale tra l'uomo Gesù e il Verbo; l'w1ione essenziale porterebbe all'eresia del Monofisismo, che confonde le due nature. Dw1que si deve dire che la persona del Verbo sussiste nelle due nat:w·e, quella divina e quella wnana, senza confusione e senza giust;pposizione delle due. 11 Cristo og11i natura compie in comtmione con l'altra ciò che le è proprio perché aluimenti la natura w11ana di Cristo sarebbe imperfetta oppure le due nat:w·e si sarebbero confuse. Gli attributi della natura w11ana e della natura divina di Cristo si dicono di Dio e dell'uomo perché w1ica e identica è la persona indicata dalle due nature; occorre però distinguere l'aspetto per cui vengono predicati, cioè secondo la natura w11ana o secondo la natura divina (per es. Cristo è mortale secondo la natura umana e immortale secondo la natura

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divina). In Cristo ci sono due volontà, w1a divina e W1a w11ana, perd1é la natma w11ana di Cristo è perfetta e la natura divina non ha subito menomazioni. Cristo possedeva la scienza divina, in quanto Dio, quella creata, in quanto uomo: la scienza beatifica (come salvatore), quella infusa (come uomo perfetto) e quella acquisita (come esercizio naturale). Era conveniente che il corpo assLmto dal Figlio di Dio soggiacesse alle debolezze lll11ane per espiare i peccati degli uomini; facilitare la fede nell'incarnazione; darci w1 esempio di pazienza. Cristo è mediatore in quanto uomo, perché così dista perfettamente da entrambi gli estremi, ma anche trasmette all'uno ciò che appartiene all'altro: ha in comune con Dio la beatitudine e con gli uomini la mottalità; offre agli uomini i doni di Dio e a Dio le suppliche e le espiazioni per gli uomini. A Cristo come uomo compete di essere il capo della Chiesa, perché la Chiesa è il corpo mistico di Cristo e Cristo è la sua testa: per il primato d'wuone con Dio; per la perfezione del possesso delia grazia; per la virtù çli comwucarla a tutte le membra del corpo nustico. La Beata V ergine Maria è la vera e naturale madre di Cristo, perché il corpo di Cristo è preso da lei; ed è eretico negare che la Beata Vergine sia madre di Dio, perché ha generato la persona divina del Figlio secondo la natura w11ana: il nome Dio qui indica la sola persona del Figlio. L'insegnamento di Gesù non fu mai segreto, bensì pubblico, anche l'insegnamento in parabole alle folle era per adattarsi alloro grado di comprensione. Ed era convetuente che non Èosse per iscritto perd1é l'eccellenza dell'insegnamento implica che si in1prima direttan1ente nel cuore dell'uditore: Gesù insegnava come uno che ha autorità (Mt 7 ,29); la sublinutà di w1a dottrina non è circoscrivibile in libri. La morte in croce rispecchia il disegno stabilito da Dio (Le 22,22) e fu sommamente conveniente perché il simbolo della croce abbraccia tutto il mondo e indica (E/3,18): larghezza (opere buone delle mani), 1W1ghezza (stabilità, 27

perseveranza), altezza (speranza), profondità (grazia nascosta che sostiene tutto). Era necessario che Cristo risorgesse, perché la giustizia divina prevede che chi si w11ilia sia esaltato; conferma la divinità di Cristo; infonde la speranza che anche noi risorgeremo; noi viviamo Lma vita nuova ·in Cristo; con la sua gloria assicura il nostro bene. I sacramenti

il sacramento è Lm segno che indica una realtà sacra in quanto capace di santificare gli uomini.. E comprende in sé l'indicazione di tre cose tra loro coordinate: la passione di Cristo, come causa della santificazione; la grazia e le virtù, come /o rma della santificazione; la vita eterna, come fine della santificazione. Nei sacramenti le realtà sensibili sono la materia (es. pane e vino nell'eucaristia) e le parole sono la forma (es. "questo è il mi. o corpo" , "questo è il calice del mio sangue"), che ha il compito di determinare: e la determinazione riguarda il senso delle parole e non il loro suono perché esse operano "in quanto credute" e non "in quanto prommciate"; ma la corruzione intenzionale nella pronun- · eia o w1 suo errore tanto grave da distruggere·il senso della frase corrompe la forma e dw1que il sacramento. I sacramenti sono necessari per la salvezza w11ana, perché è conveniente che l'uomo sia condotto all'ordine dello spirito mediante le cose sensibili; con queste azioni. materiali l'uomo evira gli atti di superstizione. I sacran1enti causano la grazia a modo di causa strumentale, perché solo Dio può essere causa agente principale della grazia, cioè della partecipazione della natura divina; i sacramenti. possono essere solo strw11enti che agiscono non in forza della pro- · pria forma ma della mozione dell'agente che è Dio, il quale si serve di essi per infondere la grazia. I sacramenti della Chiesa ricevono la loro virtù speciale dalla passione di Cristo, perché la causa efficiente pri..nci.pa-

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le della grazia è Dio (es. scrivente); l\m1rulità di Cristo, che redime e perfeziona l'rulima, è lo strLm1ento congiLmto (es. mru1o); i sacrru11enti sono lo strLm1ento separato (es. penna). I sacrrunenti imprimono w1 carattere nell'anima che è Lll1 contrassegno spirituale: w1 potere spirituale in ordine a ciò che è proprio del culto divino, perché è la facoltà di ricevere o di dare ad altri i be1li spirituali del culto cristiano. Esso rimru1e in mruliera indelebile nell'anima, perché è Lma pattecipazione del sacerdozio di Cristo che è eterno e l'intelletto è incorruttibile. Ma solo il battesimo, la cresin1a e l'ordine imprimono il carattere, perd1é sono gli wlici ad essere deputati al culto divino, che ha il suo venice nell'eucaristia. La validità del sacrrunento richiede l'intenzione del ministro, perché lo strwnento rulimato, quale è il mlilistro, deve lasciarsi muovere dall'agente principale, subordinando ad esso la sua intenzione, ru1ehe virtuale. Anche chi manca di fede può amnllilistrare w1 sacramento valido purché non manchino i requisiti necessari al sacramento , perché il nllilistro non agisce per virtù propria: basta l'intenzione di fare ciò ch e fa la Chiesa con quell'azione. Anche i nllilistri peccatori possono conferire i sacramenti, perché lo strumento non agisce per la propria natura ma per la virtù di chi se ne serve, cioè Dio (per es. w1 medico, anche se malato, può curare in vlitù della sua arte medica). Ma nell'an1nllilistrare i sacrru11enti peccru1o. I sacran1enti sono sette, perché corrispondono analogru11ente alle fasi e alle condizimli della vita fisica: l) alla generazione fisica corrisponde la generazione spirituale con il battesimo; 2) alla crescita fisica corrisponde la crescita spirituale con la cresima; 3) alla nutrizione fisica corrisponde la nutrizione spirituale con l'Eucaristia; 4) alla guarigione fisica corrisponde la guarigione spirituale con la penitenza; 5) al recupero delle forze fisiche corrisponde il recupero delle forze spirituali con l'estrema unzione; 6) alla capacità di governare gli altri negli atti pubblici corrisponde l'ordine; 7) alla capacità di propagare la specie corrisponde il matrimonio. 29

L'Eucaristia è il più grande dei sacramenti in senso assoluto, perché: contiene realmente Cristo in persona (corpo, sangue, anima e divinità); è il fine di tutti gli altri sacramenti; nel rituale di quasi tutti gli altri sacramenti c'è la comunione eucaristica. Con la consacrazione, tutta la sostanza del pane e tutta la sostanza del vino si convertono rispettivamente in tutta la sostanza del corpo e del sangue di Cristo: perciò questa conversione soprannaturale si dice transustanziazione. Non tutti i sacramenti, però, sono assolutamente necessari alla salvezza, perché di necessità assoluta sono richiesti li battesimo, la penitenza e l'ordine; di necessità di convenienza sono richiesti gli altri. Le realtà ultime Dopo la morte, sono assegnate alle anime speciali dimore perché, anche se separate dai corpi, si trovano in qualche modo locaL zzate come gli angeli, giacché Dio governa le realtà corporee mediante le sostanze spirituali, dislocate secondo i gradi di nobiltà dei luoghi. Appena libera dal corpo, l'anima va all 'inferno (per il demerito) o va in paradiso (per il merito), o subisce w1a purificazione in purgatorio per la colpa veniale personale, perché tende al luogo del premio o del castigo come i corpi tendono al proprio luogo. I suffragi giovano alle anime del purgatorio e giovano anche ai vivi, perché sono anche opere meritorie della vita eterna: chi le compie soddisfa per lli1 altro, ma se agisce in carità merita per se stesso. La messa, le preghiere della Chiesa e le elemosine sono i suffragi principali, perché sono effetto della carità (Eucaristia e elemosine) e dell'intenzione dell'offerente (preghiere) . Le esequie funebri giovano ai vivi e ai morti perché il monumento (da memoria) alimenta la fede dei vivi nella risurrezione e stimola la preghiera, a vantaggio dei morti. I santi del cielo conoscono i desideri, le preghiere dei fedeli imploranti: ridonda infatti

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a loro gloria il soccorrere i bisognosi in vista della salvezza. Occorre ammettere la resurrezione futura, perché l'uomo è chiamato alla beatitudine anche con il proprio corpo (giacché l'anima è parte del composto wmmo). La risurrezione di Cristo è causa strumentale della nostra, perché Cristo, secondo la natura umana, è mediatore tra Dio e gli uomini. E awerrà per tutti alla fine del mondo perché solo allora cesserà il moto dei cieli che determina la corruzione: e così si avrà l'itmnortalità. L'anit11a riprenderà lo stesso corpo di prima, altrÌl11enti non si tratterebbe di risurrezione ma di assw12ione di un altro corpo, incorrendo nell'errore di concepire l'anit11a come w1 motore e non come forma sostanziale, o il corpo come un vestito. L'uomo che risorge è numericamente lo stesso perché, se risorgesse un altro al suo posto, la sua creazione per il raggiw1gitnento della beatitudit1e sarebbe stata inutile; l'essere del corpo è lo stesso essere dell'anin1a razionale che è forma sussistente e Ìl1m1ortale: con la risurrezione il corpo viene a partecipare di nuovo di tale essere, così nell'uomo non c'è mai stata w1'it1terruzione sostanziale e dw1que è numericamente lo stesso uomo di pritna. Tutti risorgeranno nello stato dell'età giovanile perché è lo stato della perfezione piena: già matura, ma non ancora in declit1o. La diversità di sesso sarà mantenuta perché appartiene alla perfezione della specie. Non vi saranno più però le funzioni della vita anit11ale: nutrizione e generazione, perché sono fw12ionali alla prit11a perfezione e non all'ultit11a, cioè la beatitudit1e ormai raggiunta. I beati saranno impassibili, perché il corpo sarà perfettamente soggetto all'anÌl11a razionale e questa a Dio. Ma l'itnpassibilità non toglie la sensazione, altrit11enti la vita dei santi dopo la risurrezione sarebbe più simile al sonno che alla veglia. Ma la sensazione non sarà per trasmutazione fisica (come per es. la mano si scalda per contatto con w1a cosa calda), bensì spirituale (come per es. la vista vede la bianchezza senza diventare bianca) . La perfetta ridondanza e il domit1io del31

l'anima glorificata sul corpo costituiscono due doti nel corpo: rispetto all'anima come forma il corpo è sottile, rispetto all'anima come motore il corpo è agile, cioè agisce senza sforzo. Lo splendore del corpo sarà il riflesso della gloria dell'anima e la farà conoscere come Lm vaso eli vetro mostra il suo contenuto. n fuoco affliggerà i dannati senza consumarli, perché sarà ricevuto in essi in modo intenzionale e non fisico, come il colore è ricevuto nella pupilla dell'occhio. Nel giudizio universale, dopo quello particolare in cui l'uomo viene giudicato individ uaL11ente subito dopo la morte, l'uomo viene giudicato alla fine del mondo: quando verranno separati i buoni dai cattivi. Cristo presiederà al giudizio sotto l'aspetto della sua natura umana perché nella soddisfazione fece le vèci degli uomini presso il Padre; nel giudizio farà le veci del Padre p resso gli uomini. n mondo sarà rinnovato perché anche gli occhi godano eli w1a gioia proporzionata alla visione beatifica dell'intelletto: sa rà così concesso eli vedere la divinità nei suoi effetti corporali. n nostro intelletto giw1gerà a vedere l'essenza divina perché l'ultima perfezione consiste nel ricongiw1gimento con il proprio principio. I santi, dopo la risurrezione, non vedranno Dio con gli occhi del corpo perché Dio non può essere visto per sé con la vista, né sentito con gli altri sensi. Ma l'occhio glorificato potrà vedere l'essenza divina indirettamente: cioè la p ercepirà nella gloria dei corpi (e non a partire da essi), come nel parlare si percepisce la vita. All'intensità della carità corrisponde L111a maggiore o minore intensità della visione beatifica.

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La Somma Teologica è s tata pubblicata d a ESD in due ediz ioni:

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sa ed.

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G., L'eredità di snntn Ciel in

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G., Lo Spirito del/n verità. Riflessioni sull'evento pentecostnle

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G., Incontro n colui che viene. Discorso ni giovnni

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G., Ln rivincita del Crocifisso. Riflessioni sull'nvvenimento pnsqunfe

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G., Il quinto evangelo,

u aed. 35

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genn aio 2013 , SAB Snc, Budrio (BO) F rancesco Barbieri, d erro il Guercino,

San Tommaso d'Aquù10 scrive assistito dagli angeli (part.) 1662, Basilica di San Domenico, Bologna

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La fede e la ragione sono un'opera di sintesi. Non si può trascurare la sintesi, cioè la riduzione all'essenziale. Coglier

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